
I veri imprenditori, si sa, non riposano mai sugli allori. Ecco perché quando, nel 1969, il prof. Sergio Chiappa, primario di Radiologia all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, gli chiese un incontro per presentargli una nuova proposta, Fulvio Bracco non si tirò indietro. Benché avesse da poco terminato la costruzione del modernissimo sito produttivo di Lambrate della sua azienda farmaceutica e creato i primi due stabilimenti in Brasile e Messico, accettò subito la nuova sfida. Così lui stesso racconta quell’incontro: “Un bel giorno è venuto da me il Professor Chiappa e mi parla di un gigantesco laboratorio di diagnostica negli Stati Uniti e di un centro diagnostico realizzato in Germania, a Colonia. Questa seconda iniziativa era però fallita perché il progetto aveva affiancato al centro diagnostico due alberghi dove, secondo le previsioni dei promotori, la clientela avrebbe dovuto trattenersi una settimana per sottoporsi ai vari esami. Noi invece in un giorno potremmo fare tutto ambulatorialmente – mi dice il professor Chiappa. Il nostro sarà il Centro più grande d’Europa – e mi fa vedere le piantine. Ma è bellissimo – gli dico. Ora io devo andare in Cina con Confindustria, ma quando ritorno ne parliamo”.
Poco tempo dopo Fulvio Bracco, con l’amico Chiappa e un gruppo di investitori milanesi, acquista nella periferia ovest di Milano un grande terreno davanti all’Ospedale Militare di via Saint Bon, e nel 1971 inizia i lavori di costruzione di quello che diventerà il Centro Diagnostico Italiano. Un’intuizione vincente e, per allora, un’autentica rivoluzione. Il CDI portava infatti un’idea di “cura” assolutamente innovativa per l’Italia: quella di un Centro in cui fare tutti gli esami allora conosciuti nel campo diagnostico e il cosiddetto “check up” che negli Stati Uniti si stava diffondendo rapidamente.



“Il CDI è una delle mie creature a cui sono più affezionato” scriveva il Cavaliere del Lavoro Fulvio Bracco nel suo libro di memorie Da Neresine a Milano, “perché corrisponde all’attenzione da me sempre dedicata alla prevenzione. E la via più giusta della prevenzione è quella di esaminare la gente”. Un concetto ripreso anni dopo da Diana Bracco che, in occasione della celebrazione del quarantesimo anniversario del CDI nel 2015 ribadì: “La prevenzione, che era il chiodo fisso di mio padre, è l’essenza della nostra attività. Ed è anche la vera frontiera della medicina del futuro”.
Il successo del Centro Diagnostico Italiano fu clamoroso ponendosi sin dall’inizio come attore originale nel panorama della medicina dell’area milanese. Qualche dato per far capire che CDI ed “eccellenza” sono davvero sinonimi: il Centro Diagnostico è stato tra i primi ad avere il CyberKnife, robot radiochirurgico all’avanguardia nella terapia dei tumori; vanta 6 risonanze magnetiche di cui due aperte e, più di recente, un sequenziatore di DNA; in oltre 45 anni di attività sono state effettuate 135 milioni di prestazioni e sono stati seguiti 22 milioni di pazienti. Risultati di grande rilievo, frutto di tecnologie costantemente all’avanguardia ma anche della professionalità, del rigore e della passione di medici e di personale amministrativo straordinario.
Nel 2005 la sede di via Saint Bon fu ristrutturata e ampliata e in quell’occasione acquisì l’attuale fisionomia architettonica arricchita da grandi vetrate, una imponente scala a chiocciola interna e un accogliente giardino. Negli anni seguenti aprirono molti altri poliambulatori in città e in Lombardia. E anche in tutte le aree della “nuova Milano” – Porta Nuova, Citylife, Portello, Navigli, Bicocca – sono nati nuovi CDI consolidandone la leadership e il ruolo nazionale.