
Il 15 novembre del 1999 Fulvio Bracco festeggia il suo novantesimo compleanno e i 65 anni del suo impegno di imprenditore. Due bei traguardi ai quali la Regione Lombardia e la Provincia di Trieste vogliono dare un particolare riconoscimento e risalto. A Milano in una festosa cerimonia al Conservatorio, alla presenza di tutti i dipendenti, gli viene consegnata la Medaglia d’oro della Regione. A Trieste, con una cerimonia pubblica nella Sala Consiliare, l’Amministrazione provinciale gli conferisce il “Sigillo della Provincia di Trieste”.
“A questo punto della mia storia”, scrive il Cavaliere del Lavoro Bracco nel suo libro di memorie, “è mia figlia Diana che diventa protagonista assoluta. Assunta il 1° gennaio del 1966 come impiegata di 1ª categoria, ha fatto un po’ di tutto. Dapprima al controllo di gestione, poi all’organizzazione, per diventare, nel 1969, dirigente addetta alla Presidenza. Si è impadronita di tutti gli aspetti dell’attività dell’azienda e questo non in breve tempo ma in alcuni anni. “Le ho fatto fare tutto quello che doveva fare: l’essere mia figlia non ha voluto assolutamente dire rapidi passaggi di incarico, tutto è avvenuto per gradi. Vicino a me Diana ha imparato a muoversi secondo quanto l’incarico da lei ricoperto richiedeva. Ha partecipato a tutta l’evoluzione della ricerca, alla vita, alla crescita dell’azienda. Altrimenti non sarebbe ciò che è oggi. Insieme abbiamo discusso e preso decisioni importanti e anche audaci. Sarà una fatalità, non so, ma Diana ha fatto la mia stessa strada anche nell’associazionismo: Vicepresidente di Confindustria, Presidente di Federchimica, Presidente di Assolombarda. E, ancora, Cavaliere del Lavoro”.



Ricordando i suoi primi passi in azienda Diana Bracco oggi ammette: “Mi è stata riservata una dura gavetta da mio padre, ma fui accolta con grande disponibilità e fui subito chiamata da tutti la Dottoressa. Ho sempre apprezzato che il gruppo di lavoro di mio padre fosse molto coeso, perché bisogna dire che lui – ed è una cosa che però ritrovo anche nella mia vita lavorativa – riusciva ad avere dei collaboratori veramente uniti, devoti e impegnati. Secondo me, per loro aveva un grande valore vedere come fosse lui il primo ad assumersi ogni responsabilità e a compiere sacrifici. La vocazione imprenditoriale infatti bisogna portarsela dentro. E io ho capito di averla grazie soprattutto a mio padre: è stato lui a guidarmi sulla strada giusta, insegnandomi moltissime cose e inserendomi gradualmente in ambienti e associazioni di categoria dove, a contatto con manager e imprenditori esperti, ho potuto imparare tanto”.